Con il Decreto Legge Sport, cambiano le regole per le cariche nelle ASD e SSD: stop all’incompatibilità generalizzata. A partire, infatti, dal 10 agosto 2025, il quadro normativo che disciplina le incompatibilità nelle associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) è stato rivisto in senso meno restrittivo. È quanto stabilisce l’art. 11 del D. Lgs. 36/2021, così come modificato dal D.L. 30 giugno 2025 n. 96, convertito in Legge 8 agosto 2025 n. 119. La novità? Il divieto di cumulo di cariche non coinvolge più tutti gli amministratori, ma si applica unicamente ai presidenti. Questo rappresenta un importante alleggerimento per il mondo dello sport dilettantistico, che potrà beneficiare di maggiore flessibilità nella gestione dei ruoli. Resta però essenziale monitorare con attenzione le conseguenze pratiche e valutare, caso per caso, se aggiornare gli statuti o adottare misure organizzative per garantire la piena conformità alle nuove regole. Vediamo perché.
Cosa prevede la nuova norma
Il nuovo testo sancisce che ai presidenti di ASD e SSD è vietato ricoprire incarichi in altri enti sportivi dilettantistici affiliati alla stessa Federazione Sportiva Nazionale, Disciplina Sportiva Associata o Ente di Promozione Sportiva, riconosciuti rispettivamente da CONI o CIP. Rispetto alla formulazione originaria, il divieto non si estende più agli altri membri degli organi direttivi (come vicepresidenti, segretari, tesorieri o consiglieri), anche se formalmente amministratori.
Nel caso delle società sportive dilettantistiche (SSD), dove la governance può variare a seconda dello statuto, il termine “presidente” va inteso come “legale rappresentante”. Di conseguenza, l’incompatibilità riguarda la persona che esercita la rappresentanza legale, sia essa presidente del CdA, amministratore unico o altro soggetto a cui lo statuto attribuisce quei poteri.
Non importa la disciplina, conta l’affiliazione
Il criterio discriminante per l’incompatibilità resta l’affiliazione allo stesso organismo sportivo, non la disciplina praticata. Così, il presidente di un’associazione affiliata alla Federazione Judo può essere incompatibile con la presidenza di un’altra affiliata alla stessa Federazione anche se questa pratica karate. Viceversa, nessun divieto sussiste se le società praticano lo stesso sport ma sono affiliate a organismi differenti, come FIGC e un Ente di Promozione Sportiva.
Inoltre, l’incompatibilità del presidente non è limitata alla presidenza in altri enti, ma riguarda qualsiasi carica in organi sociali di sodalizi affiliati al medesimo ente (consigliere, vicepresidente, segretario, etc.).
Una regola senza sanzione (ma non senza conseguenze)
L’incompatibilità non è sanzionata in modo esplicito. Tuttavia, può avere conseguenze rilevanti. Alcune sentenze, come quella della Commissione Tributaria Provinciale di Cremona (n. 140/1/2015), hanno considerato il mancato rispetto del divieto come un indizio di gestione unitaria e imprenditoriale, con il rischio di perdere le agevolazioni fiscali previste dalla L. 398/91. Simili considerazioni sono state espresse anche dalla Corte di Cassazione (Cass. pen. n. 46189/21), che ha letto nel cumulo di cariche un comportamento potenzialmente elusivo, legato alla distribuzione occulta di utili.
Dunque, seppure non si tratti di un requisito formale per mantenere lo status di ente sportivo dilettantistico, ignorare la norma può esporre gli enti a rilievi fiscali o a dubbi sulla legittimità della gestione.
Statuti: modificare o non modificare?
Una delle domande più frequenti è se sia necessario aggiornare lo statuto per recepire questa modifica. La risposta, in linea generale, è no: l’incompatibilità non rientra tra le clausole obbligatorie previste dall’art. 7, comma 1, del D. Lgs. 36/2021, che elenca i requisiti necessari per l’iscrizione al Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche (RASD).
Tuttavia, l’inserimento può essere consigliabile, per dare evidenza della conformità normativa ed evitare contestazioni da parte degli organismi affilianti o del Registro stesso. In particolare, se lo statuto contiene già una clausola sull’incompatibilità, questa andrà rivista per adeguarla al nuovo assetto normativo.
Due i casi principali:
- Se lo statuto si limita a richiamare l’art. 11 del decreto legislativo, nessuna modifica è necessaria;
- Se invece prevede un regime più severo (ad esempio estendendo l’incompatibilità a tutti gli amministratori), sarà necessario valutare se mantenerlo o modificarlo, in base all’autonomia statutaria e agli accordi tra i soci.
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